L'ultimo Principe di San Severo

MICHELE DI SANGRO, L’ULTIMO PRINCIPE DI SAN SEVERO

Si narra che il giovine Michele Di Sangro ( o De Sangro), degli antichi duchi di Borgogna, Conte dei Mardi, ultimo principe di San Severo e di Castelfranco, duca di Torremaggiore, marchese di Castelnuovo e di Casalvecchio, Barone di Fiorentino e di Dragonara, Grande di Spagna di prima classe, durante uno dei suoi soggiorni nella capitale partenopea si fosse innamorato, contraccambiato, della figlia del principe Ruffo- d’Espinosa.
Il loro rapporto era ostacolato e col tempo si raffreddò sicché, ella, trascorso del tempo, convolò a nozze non desiderate con altro nobile di pari rango….
Il Di Sangro continuò a corteggiare la bella del cuore la quale, riaccesasi la fiamma della passione, abbandonò il marito per seguire il Principe. I due amanti si nascosero e rifugiarono presso la masseria Camerata di Torremaggiore .

Nacquero due bambini, e questo per l’epoca fu di grandissimo scandalo, ma a causa dell’intervento del Re, a cui erano ricorsi il marito e il padre di Lei, il Principe Michele fu esiliato e dovette rifugiarsi a Parigi dove provvide a far costruire una splendida villa sulla Senna. Approntato che fu il nido d’amore chiamò a raggiungerlo la Ruffo con il figli. Durante il viaggio che la Contessa affrontò per raggiungere l’amato, durante un violenta tempesta, i suoi bambini vennero scaraventati in mare; ella si tuffò nel tentativo di salvarli, ma nella furia delle onde perirono tutti.Il Principe di San Severo cadde nello sconforto per la disgrazia occorsagli e si fermò stabilmente a Parigi per non incorrere nelle rappresaglie e per fuggire il ricordo della felicità trascorsa.

Quivi strinse amicizia con Ugo Croghan, eccellente botanico inglese, il quale gli aprì i misteri della propria scienza, che tanto gli sarebbero tornati di giovamento nella coltivazione dei suoi latifondi. L’avvenente figlia di questi Elisa, che frequentava il magnifico palazzo Di Sangro di Parigi, attratta dal bel principe partenopeo, se ne invaghì. Egli cedette alle lusinghe della ragazza, che era di vent’anni più giovane di lui, facendone la compagna inseparabile dei suoi giorni, anche se non dimenticò dell’amore e del ricordo della contessa Ruffo.Negli anni trascorsi a Parigi Michele Di Sangro si dedicò allo studio alacre dell’agricoltura, visitò i più celebri istituti agrari della Francia dalla scuola di Grignon ai metodi agrari della Gran Bretagna.

Intorno al 1870, allorché si instaurò la Repubblica in Francia e decaddero i Borboni in Italia, il Principe, accompagnato dalla Elisa Croghan, ritornò in patria, a Torremaggiore. Qui, avvalendosi degli studi fatti e dei consigli dell’illustre botanico Croghan padre di Elisa, si prese cura dei suoi estesi fondi, migliorando i metodi di coltivazione, sostituendo alla forza dei cavalli e degli uomini, quella del vapore, facendo giungere dall’Inghilterra e dall’America nuove macchine agrarie.
In questo contesto furono impiantati nuovi vigneti e oliveti.
A tal proposito furono importati nuovi oliveti ed innestati quelli esistenti con la varietà importata da quella soave terra francese, la Provenza, di cui Egli stesso era originario (la Borgogna era un tempo l’alta Provenza) e che ben sposò l’ambiente adottivo dando come prodotto quel nettare dorato dall’inconfondibile gusto e profumo.
Il Principe di San Severo fu il primo ad introdurre in Puglia e ad impiantare per proprio uso a Torremaggiore, nel Tappeto posto in tre vasti ambienti suddivisi da due archi nel fossato dell’ala del Castello, il Mulino a Fuoco e i torchi per trarne l’olio, nel numero di quattro muniti ciascuno della relativa fossa di raccolta e di un frantoio con macina, tutti di felicissima invenzione che venivano curiosati da non pochi abitanti dei paesi circonvicini.

Destinò, dopo la sua morte (5-2-1890), tutto il suo enorme patrimonio ad opere di pubblica utilità, delegando ai Comuni (in particolare San Severo e Torremaggiore, dove i suoi feudi erano più cospicui) il compito di promuovere il progresso e la prosperità dell’economia, soprattutto agricola, servendosi delle rendite fondiarie. 

Così nasce a San Severo agli inizi del ‘900, dopo una lunga disputa giudiziaria tra gli eredi diretti che volevano appropriarsi delle proprietà e la Elisa Croghan che invece voleva dare seguito alle volontà del suo compagno e ultimo Principe di San Severo, la Fondazione Di Sangro e l’annesso Istituto Agrario che tanto fecero per il progredire della viticoltura e olivicoltura nel territorio della Capitanata.

La famiglia Di Sangro possedeva un totale di 6 principati, 11 ducati, 6 marchesati, 9 contee e 180 signorie[8].

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Il Principato – Nel medioevo, indicava un territorio che godeva di un’autonomia ampia, spesso nominalmente subordinato a un re o imperatore. 

 

Un ducato, era una circoscrizione amministrativa governata da un comandante militare (in latinodux) investito del potere politico da parte di un’autorità superiore. Nell’Europa occidentale, solitamente il titolo ducale era uno dei titoli più alti all’interno della gerarchia nobiliare, quindi l’appannaggio di un ducato spesso veniva riservato a un parente stretto del sovrano, come un figlio cadetto, un nipote o un fratello del re. Proprio in virtù di questo loro grande prestigio I duchi e le duchesse vantarono una grande autonomia rispetto ai sovrani.

 

Marchese, (dal tedesco Markgraf, formata da Mark = marca e Graf = conte, quindi “conte della marca”, dove “marca” deriva dall’alto tedesco marka che significa “segno, confine“), è un titolo nobiliare, inferiore al titolo di duca e superiore al titolo di conte. Un marchese aveva piena giurisdizione delle cose temporali,quali tribunalipedaggicollette,ecc., in una contea di frontiera detta appunto marcamarchesato o margraviato

 

La contea era un feudo affidato in epoca carolingia all’amministrazione di un comes, o conte, direttamente dall’imperatore. Successivamente indicò il territorio retto da un conte nella maggior parte degli stati europei, per lo più soggetto a sua volta a un signore di rango più elevato (ducaprincipere o imperatore). 

 

Signore era un titolo nobiliare[1] che spettava a coloro che, nel Medioevo, detenevano il diritto di svolgere funzioni, amministrare territori e/o beni grazie ad una concessione o “beneficio” ricevuto da un’istanza superiore, che poteva essere un re, un nobile o un’autorità religiosa, con potere di proprietà e comando.[2]


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